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Getulio Alviani, Monorecchino a disco |
Accolgo con entusiasmo ma allo stesso con
un po’ di titubanza l’invito di Teresa, amica e art blogger – date un’occhiata
alla sua pagina The soul in the mirror – a scrivere qualche riga (ecco… il problema è fermarsi a “qualche”
soltanto!) sui gioielli di Getulio Alviani, proprio in occasione della mostra
appena inaugurata a Vicenza sul gioiello contemporaneo, nonché dell'inizio della fiera Vicenzaoro - Winter.
Di fatto riassumere in poche righe il percorso
di vita, progettuale e artistico di Getulio Alviani è pressoché impossibile poiché
l’artista friulano ha saputo declinare la propria caratteristica visione
dell’arte, del fare e del mondo, in una ricerca che lo ha portato a spaziare oltre
il contesto prettamente artistico, fino ad arrivare all’allestimento e alla
progettazione in settori anche assai diversi tra loro.
Catapultato quasi casualmente
in situazioni via via eterogenee, ma sempre stimolanti, ne ha colto gli stimoli
e indagato le problematiche senza sottrarsene, ma accogliendole come spunti di
indagine e riflessione che sono andati a delineare un percorso artistico e
progettuale del tutto singolare, fatto di continua meditazione, rigore ed
essenzialità. Il tutto senza mai abbandonare l’idea del fare (in particolare,
ma non esclusivamente, del fare artistico) all’insegna della razionalità e
della progettazione.
Il percorso versatile e sperimentalistico di
quest’“ideatore plastico” inizia dalla sua collaborazione, nel 1954, con uno
studio di architetti e progettisti, presso il quale ha la possibilità di affinare
l’analisi degli oggetti e lo studio dei materiali. Il proficuo rapporto con il
mondo del lavoro permise al giovane Alviani di entrare in stretto e più diretto
contatto con l’ambiente delle officine e dei laboratori industriali. Un
contatto essenziale se si pensa alla genesi delle sue Superfici a testura vibratile e al proseguimento del suo percorso
personale, lavorativo e creativo.
L’artista friulano comincia in breve tempo
a declinare il proprio rigore in varie forme, spaziando in un itinerario che
tocca anche il campo della grafica e del design,
fino alle sue incursioni nel mondo della moda, che lo vedono collaborare prima con
la sarta Germana Marucelli (ve ne ho parlato QUI e... anche QUI!) e poi con
lo statunitense di origine austriaca Rudi Gernreich.
Essenzialità e
precisione geometrica caratterizzano anche i suoi progetti nel campo dell’arredamento
e della gioielleria. Di fatto, i gioielli “spettacolarmente optical” di Alviani
sono un esempio di come sia possibile fare del gioiello un’opera autonoma,
tappa fondamentale ma indipendente all’interno di una carriera artistica, della
quale rispecchiano la concezione di fondo e la sigla progettuale, senza
allontanarsi totalmente dai risultati e dalle regole meramente funzionali dell’ornamento
da indossare.
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Getulio Alviani, Infilo contro natura |
Certo non gioielli canonici, ma pezzi d’arte fatti per essere
indossati ma anche apprezzati solo guardandoli. Manufatti che vanno al di là
dell’accessorio, e che sono stati presentati in importanti rassegne in Italia e
all’estero, ultima appena inaugurata presso Palazzo Bonin Longare di Vicenza,
la rassegna Gioiello
italiano contemporaneo: i Maestri, rassegna a cura di Alba Cappellieri che
riunisce le creazioni di dieci artisti che hanno saputo dare vita a nuove
visioni e a nuove forme della gioielleria, andando al di là del concetto di ornamento
come mera guarnizione. Ciò è vero soprattutto per Alviani, poiché senso
delle proporzioni e ragionamenti matematici contraddistinguono i suoi gioielli,
sempre all’insegna di una sperimentazione che possa essere occasione per
proporre qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Così è stato nel caso di 6×6×6 – chiamato anche 3×3×3 in riferimento ai colori dell’oro
– un bracciale che ricalca la struttura di un cubo, elementare e oggettivo,
nella sua intellettuale semplicità. Tutto lì: 6×6×6 si chiama, un gioco di numeri, esperimento realizzato da
Alviani, perché in precedenza non si era mai cimentato con la realizzazione di
un bracciale.
Ancora, nelle sue incursioni in questo
campo, al piacere visivo e tattile dell’oggetto indossato si accompagna
talvolta un senso di ironia, come in Senza
tempo, un orologio realizzato negli anni Settanta, privo di indicazioni per
le ore.
È quella di Alviani dunque una sperimentazione
continua, che nel caso del gioiello può essere riassunta dai cinque pezzi
riuniti per la mostra vicentina – aperta fino al 19 febbraio 2013 –, capitolo assai
interessante di una storia collettiva del gioiello contemporaneo che si
presenta come un oggetto molteplice, crocevia di molti diversi percorsi che nel
corso degli ultimi decenni hanno saputo coinvolgere persino la moda. Ecco, a
ribadire che la gioielleria non è certo da chiamare “arte minore”, e che la
moda è anch’essa arte. Sperimentazione e confini abbattuti: così per Alviani,
così in occasione della mostra vicentina, così tutti i giorni.*
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Complimenti per questo post... molto, davvero molto, interessante... arte, moda e gioielli si incontrano, di fondono e si rinnovano con esiti sempre più originali e accattivanti! Grazie per la condivisione :-)
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